IMPRIMATVR
Fr. Aloysius Bariola Augustinianus Consultor S. Officij
pro Reuerendiss. Inquisitore.
Io. Paulus de Clericis Archiprash. & Can. S. Nazarij
pro Ilustriss. & Reuerendiss. DD. Card. Archiep.
V. Saccui pro Excell. Sen. Med.
A CAMILLO REVERTA
NOBILISS. ET DOTISS.
НVОМО
L'Academico Italico detto
lo Spassionato.
Qvesta celeste Assemblea descrittami in una lettera
da persona, à cui più cale il vero, che l'opinione de
grand' huomini, voglio esca in luce sotto il dotiss.
vostro nome. Credo vi sarà grata ; perche è cosa
non meno dotta, che Vera. Diffende questo mio amico l’opnione
di TICONE, circa la generatione delle Comete, dalla
quale credo non si discosti punto il vostro maturo sentire. Se,
letta che l'haurete, vi parrà cosa degna del vostro nome, l'amico
non stimerà male spesa la fatica; tanto caso fà egli di
voi. Se anche alcuna cosa vi dispiacerà, sarà al meno sicuro.
che non mouete соsi per l'opinione del volgo, è forse si
mostrerà facile à consentirus. Ben’è vero ch’egli per vn'altra
sua mi auisa, che se alcuno lo stuzzica hauerà in ordine vn'
opera compiuta per defesa della Verità . Viuete felice . Da
Sideropoli alli 20. Gen. 1619.
EX
LIBRO PRIMO
THICONIS BRAHAE
De noua stella anni 1572.
NEC eius autortas tanti est. ut tutotiam seculi pro
authentica habita, quod Veritati penitiori, & euidentioribus
Mathematicorum Apodixibus derogare queat.
Et ipsemet Aristoteles fatetur suas de tota meteorologica
doctrina conclusiones saltem coniecturales atque stocasticas esse.
Si plane FALSAS, aut FUTILES, dixisset, longè melius,
fe suaque cognouisset. Nam ne ea quidem quæ de vulgaribus
Meteori profert ita ex omni parte se habent, cum longe alia
sit quam ipse somni auit eorum generationis ratio.
Basta per canonizare la dottrina d’Aristotele in
questa materia ciò che disse della via lattea, diche tanto
si vergognano i Peripatetici
A TICONE
BRAHE.
Riparatore dell'Astrologia.
Ο Gran Dano del Ciel lingua verace,
E de suo moti interprete fedele,
Corre la fama tua con l’ampie vele,
O vunque il giorno nasce, o si disface.
Nel Vecchio alato sia si pertinace,
Che ti contenda l'eternar'le tele,
V’le stelle con penna pingi, е suelo ,
Acciò l’Ciel si riposi in dolce pace,
Se le stelle mancar'vnquà non penna.
S'eterno gira il gran padre di luce,
Se'l tempo sempre in se noue si volge,
Il nome tuo del Ciel sia sempre donno
Che la fama immortal il ti conduce,
Già che virtude il fato unqua non suolge.
A CAMILLO
REVERTA
Nobile Matematico.
Non cercar, non cercar saggio REVERTA,
D'incognito valor suelato il nome ;
Che dolce e'l miele, e pur tu noi sai come,
Di scognosciuto fiore si conuerta ,
T’ama chi scrisse, e tuo valore il merta.
Ma si cela da te sin che sien dome;
Di brutt'angue le posse, e grauisome,
Ond'ei saglia d'honor libero l'erta,
O di nobil virtude vnico vanto.
V’ giace il volgo al vil diletto intento,
Tu saggio delle stelle il corso scriui,
El tuo nome imortal quindi deriui,
Uincitor dell'etadi: hor odi intanto,
Ciò che disdegna il volga, alto concento.
ALL’ACADEMICO
Italico lo Spassionato, l'Academico
Dano, il Riposato.
AMORE DELLA VERITÀ.
IO m'era risoluto di tacere, e tenere appresso di me
quello, che della noua stella Cometa, mosso da ragioni
euidenti, e da certissime osseruationi io
sentissi. Mà già, che voi cosi volete, e che per replicate
vostre leicore me ne fate instanza, dicendomi,
che l’opinione di Ticone nelle scuole, oue
voi apprendete la Peripatetica filosofia sotto il
magisterio d'eccellenti Aristotelici, è stimata
per nouità poco fondata, e da non douersi in conto alcuno contraporre
all’ombra dell'autorità dello Stagirita, non che alla sodissima
dottrina di quello comparare sodisfarò à desideri vostri sponendoui
gl'argomenti dell'vna, e dell'altra parte vsando delle moderne,
e gradite inuentioni. Ben v'auiso, che mi mettete in vn gran laberinto:
perche hoggidi tutti quelli che fanno quattro cuius di meteora
pretendono intraporre il loro parere, e sputano sentenze, come
lo se dessero sul tripio Delfico. Sò che voi sere amatore del vero
è che non vi lasciate tirate cosi come fanno i buffali pel naso dell'altrui
autorità . La uerità delle cose di fede che formontano ogni humano
intendimento milita sotto l’insegna dell'altrui autorità : mà
nelle cose naturali marcia sotto lo stendando della scienza. E non
si può dire nelle scienze.
Che solo vide
Chi chiude gli occhi, e crede.
Non vi marauigliate , se non mi stendo in trattare della natura
di queste stelle in commune, e se non apporto esempij à tutti
noti, ese non cito autori molti perche saria di mestiero fare in
libro non scriuere vna lettera. Ne à me punto piace fare vna bella
spasseggiata per lo steccaro lasciandosi l'inimto dall’vno de canti,
mà m piace venir subito à mezza lama & alle prese. Voglio dire
che non mi piace fare vn bel discorso de Cometis in genere, quale
apunto habbia più del genere, che dell’indiuiduo, e di questa
Cometa passersela à digiuno come se fossero le quattro tempora : Chi
non sà de Filosofi l'opinione d'Aristotele? Chi non hà letti i
Cornimbricensi, e tant'altri meteoristi? Ma crederemi, che questa
Cometa ha fatto venire isudori della morte alle scole peripatetiche, è
cercano con discorsi vn poco d'Electi vitæ. Che se nel recettario
di Mesua gran speciale di Pernasso non ritrouano qualche rimedio,
stanno conci perle feste. E di già Tomaso Procacci prodotte le
sue tauole sepolcrali hà apaltato di fargli il funerale entrò le Piramidi
Epicicline di quel Zingaro di Tolemco. Mà à noi.
Assemblea Celeste.
ALLE 20 del secondo mese Cometico si radunò in
Parnasso Assemblea nella sala de Pianeti per la
seguente occasione . Stauasi Ticone Brahe Barone di
Dania stimatissimo da tutti in Parnassole d'Apollo
fauoritissimo con vna buona comitiua de suoi osseruando
la noua stella, come pure hauea fatto altre
notti, quando gli fù ridetto, che Aristotele , e Tolomeo
haueuano malamente sparlato di lui racciandolo per nouitiero,
e vano. E che gli Peripatetici nel loro liceo faceano vn gran
schianiazzo minacciando d’assalirlo in publico, e dargli fino delle
mentite in faccia; perche hauesse osato di dire, che i Cieli erano
fluidi, e corrotibili, e che alcune Comete erano state sopra la Luna,
e che questa in particolare vi fosse. Non si può credere quanto si
risentisse il Dano con gli suoi, e poco mancò, che non andasse à fare
qualche afronto ad Aristotele, che staua già dormendo , & anco à
Tolomeo, che dietro la sua armilla morale misuraua certe distanze.
Mà quietato da gl'amici si ritirò pieno di mal talento. A pena
fù giorno, che bollendoli ancora il sangue radunata vna buona
squadra d'huomini valenti, e risoluti, hauendo egli preso vn gran
Sestante astronomico in mano, se ne venne alla piazza reale di Parnaso,
e trouatoui apunto Aristotele, è Tolomeo con vna turba infinita
de seguaci, non punto smarrito, affrontolli, e sfidolli à duello
dicendo che pigliassero che arme gli fossero in piacere, se bene Aristotele
hauesse adoperati fuochi artificiali, che egli con quel solo Sestante
la voleua con essi loro. E passandosi da vna parola all’altra
montando in colera Ticone minacciò di spezzare quel Sestante
in capo à Tolemeo, che più ferocemente risposto gl'haueua. Mà
sentitasi da Apollo la miscia fù subito spedito il Clauio, che à nome
di sua Altezza s'interponesse, è gli riferisse poi il tutto. Quietò
il Clauio il tumulto, e ritornando in Palazzo fù seguito da Ticone,
che con esso lui entrando in camera di sua Maestà; (poiche à
lui non si tiene portiera) mostrandosi oltre modo alterato la supplicò
à volere dargli licenza di duellare con Tolomeo, & Aristotele,
è che premio del vincitore fosse il principato delle scuole. Non
parue ciò bene ad Apollo; mà ben si contentò ad instanza del Clauio
e del Magino, che si faceste vna generale Assemblea celeste nella
solita sala, e che iui senza strepito d’armi si disputasse con sode ragioni.
Ciò concluso hebbero ordine a Magino, è Clauio di far preparare
la sala detta delle stelle scopate via da Borea valletto di
Palazzo diligentemente tutte le nubi. E si publicò in Parnaso che
il giorno seguente si sarebbe tenuta assemblea celeste. A questa
voce si missero in ordine tutti, è Filosofi, e Matematici, e massime i
Ticonici, e Peripatetici studiando ogn vno di mettersi in punto .
Dicono che Aristotele dubitando di qualche mal’anno dalla furia
del Dano stette per pigliar medicina purgatiua, e scusarsi, mà che
confortato’da Tolomeo, è fornitosi bene nell'Arsenale della Fisica
Republica pur finalmente comparue. Sedea Apollo dolcemente
splendendo in bel trono di chiarezza, e luce, e sotto sedeuano per
all'hora gl'Illustriss. Pianeti. Gli Filosofi, e Matematici parte alla
destra occupata da Ticone, parte alla sinistra con Aristotele si
stauano. Quando fatto cenno à Ticone d'Apollo che cominciasse,
cosi fauello.
Sire, che voi mi comandiate, ch'io parli al primo luogo, benche
altri possa pensare, che ciò da voi si faccia rispetto all’esser io
ancor giouine in Parnasso, à me però gioua à pigliarlo per felice augurio
della vittoria nella famosa lite, è disputa, la quale già molti
anni, io mossi ad Aristotele, e suoi seguaci, e pochi giorni sono di
nuouo riuangai con opportunissima occasione della noua Cometa
apparsa; si che non accade, ch'io m’affatichi di rendere docili gli
vditori. Si cerca direttamente se le Comete si generino nell'aere
più lontano da terra, che vien chiamato della suprema regione,
però lontano molto dal Cielo della luna, come che da esso venga
separato dalla gran sfera del fuoco, la quale esso da leggierisissimi
argomenti gabbato si diede à credere ritrouandosi immediatamente
sotto alla luna, ouero nello istesso Cielo sopra la luna
di gran vantaggio. Et hora di questa Cometa in particolare
v'è gran trambusto in Parnasso. Et indirettamente
è quasi per consequenza si disputa altresi, se la sostanza del Cielo
sia dura, è soda, ed intorno alla terra s'aggiri portandosi seco i celesti
lumi quai Topazzi finissimi incassati in trasparente cristallo, ò
pure (come i Peripatetici assai plebeiamente dicono) quai nodi
vniti al rimanente del legno: ò più tosto si torna fluida e vaga tanto
più dell'aere in cui viuiamo, quanto è piu sottile è lontano dalla
tresca de gli elementi, che frà se stessi continuamente guerregiando
si fiaccano. Io dissi hier l'altro publicamente sù la porta
del mio Vraniburgo da voi serenissimo Sire sul destro cole di Parnasso
concessomi, che questa Cometa, la quale in questi giorni si
vede non è nell'aria, mà nel Cielo sopra la luna, della qual propositione
sono iti sparlando questi mezzi huomini de Peripatetici giuraci
auuezzi ad inhorridirsi ad ogni propositione, la quale non mai
habbiano letta ne loro tarlati codici detta da Aristotele, è ridetta
ben da dieci, ò dodeci interpreti parabolani. E vi giuro per il vostro
bel lume, che se non era l’autorità vostra, che s'interpose non
haueriano hora quel greco truffatore dell'altrui fatiche. è quel
Zingaro ciurmatore più pelo in barba, benche d’hauerla si longa
si vantino. Hora il medesimo io qui ridico alla vostra presenza è
si lo prouo, non già con fiacche conietture, & argomenti meno che
Topici, come farà esso, mà fermi, è conuincenti rispetto di chiunque
ò in cose matematiche non è del tutto, Asinus ad loram, ouero non
chiude gl’occhi per non vedere quello di cui teme di non sapere
apportare la regione Fisica. E perche tutti più facilmente intendino,
è gl'auersarij più facilmente rispondino, il primo argomento
si trarrà dal moto della Cometa, il secondo dal nascere, & alzarsi
sopra dell'horizonte, il terzo della piegatura della barba, ò sia coda.
Quanto al primo se Aristotele per tema di non mostrare pur vna
volta il capo di vetro alla serena, accioche per auuentura non se gli
spezzasse per il freddo, ò non fosse dalla Cometa minacciato di
sinistri auuenimenti, non si fosse risoluto di starsene à bell'aggio frà
le piume in tempo, nel quale non solo i Matematici, ma anco gl’ortolani
delle muse, & li mozzi della stella Pegasea correuano à spettacolo
si nouo; e prodigioso (ed è pur forza ch'io sgridi i filosofi, e
certi vituperij dell'astrologia insieme, i quali sempre intenti à scartabellare
i suoi libri, & à ridire, è ricoppiare più volte il detto, non
mai aprono gl’occhi per leggere quel libro di larghissime faccie,
in cui la sapienza eterna con caratteri di luce scrisse vna volta, è
tutt'hora scriue le merauiglie della natura; onde è fà mestieri, che
alcuno pecoraio, ò vignaiolo rechi loro dalle Campagne le nouelle
di noue stelle, ò Comete le quali essi per altro non mai vedrebbono,
ò se pur le vedessero non farebbono trà queste, e le perpetue
cicundiuato, tanto hanno in prattica la prima facciata del Cielo:
à vituperio) chiunque dico co’ proprij occhi hà scorta questa Cometa
sà ch'ella il di 29. di Nouembre primo mese Cometico fù vista
nascere à hore 12 con la stella della bilancia settentrionale della
libra restando al quanto più australe di essa, poiche n’era lontana
due gradi m. 25. come dalla più australe grad. 7 dal piè della
vergine gr.8. dalla spica Virginis gr 25. m. 20. verso della quale stendeua
la barba longa 32. gradi in circa . Il di 30 del medesimo com parue
alta sopra della già detta stella settentrionale dellå libra gr.
2 lontana dall'australe più d'8. stendendo la coda verso il piè
della Vergine. Il di primo di Decembre comparue lontana dalla
già detta libra grad. 5. min 30. è da l'Arturo 26. min. 50. in
verdella quale porgeua la coda, il secondo s'era allontanata dalla
libra gr. 8 & auuicinata ad Arturo proportionatamente, è perche
sò che ad Aristotele il quale costuma non andar tanto perminuto,
mà più da longi (come che faccia professione d'astrahere dalla
materia) vedere, e definire i suoi pareri sarà noiosa narratione
si minuta se presento in questa carta vna abozzatura fatta hier sera
mezzana mente bene da vno de miei giouani del moto, e progressi
di questa Cometa fatti giorno per giorno. A questo dire, & al
presentare della carta ad Aristotele corsero tutti gli peripatetici,
è Telomeici per vederla, e si fecero tanta folla, che fiaccatisi alcuni
banchi cadendo sossopra à mucchio, Niffo vi perdette il berettone
di veluto rosso, che apena cauò à Carlo V è si diuaricarono si
fattamente le gambe à certi moderni Peripatetici, che ne il Mesua,
ne Auicenna vi trouarono anco rimedio. Frà tanto Democrito
s’hebbe à crepare delle risa. E v’era per esser di nouo folla s’Appollo
fatta subito portare vna gran tauola di Paragone pulito da Polignoto
è Zeusi, non hauesse commandato à Policreto, che porrasse,
del gesso à Ticone, acciò iui speditamente il tutto disegnasse, il
che fece il nobil Barone si destra è legiadramente che tutti stupire
ne fece.
Qui và la prima tauola.
E poi cosi ricominciò. Hora in questa gran tauola, Sire, senz'occhiali
vedrà la turba Stagiritica chiaramente che la Cometa dal
primo giorno che fu osseruata vicina alla libra settentrionale
sempre si andò scostando da essa verso la stella chiamata Arturo, talche
oltre il moto giornale da leuante à ponente commune à tutte,
le stelle, e Pianeti, haueuane vn altro proprio, non com'è Pianeti
contrario al primo cioè da ponente a leuante secondo la successione
de segni nel Zodiaco, ma misto è composto di due, peroche ogni
giorno si faceua e più settentrionale, & altresi più occidentale
caminando a trauerso trà settentrione e ponente; dalla compositione
di questi due moti procedeuano due accidenti, l’vno che la Cometa
facendosi ogni giorno più occidentale con allontanarsi dal
Sole, nasceua ciascun giorno alquanto prima (per tralasciare, che
nello anticipare la leuata era anco aiutata dalla mutatione della
latitudine, ortiua cagionata dal moto a settentrione, come ben
fanno gl'intendenti dell'arte) talche essendo la prima fiata
comparsa alla spiaggia dell'horizonte circa all'hore 12. finalmente si
lasciò poi vedere prima delle 9. Il secondo accidente è, che andaua
di giorno in giorno mutando latitudine ortiua; talche essendo
la prima volta spontata oltre dell'Equatore circa 8. gradi verso
mezzo di, pian piano trapassando l'Equatore, & arriuando al ponto
oue il tropico del grane o taglia l'horizonte, poscia anco il trapassò.
Secondariamente vedrà che la Cometa col moto suo proprio
è ita descriuendo parte d'vn circolo massimo in sfera per non mi
lasciare mentire di quanto già scrissi a questo proposito, terzo che
in questo circolo non hà caminato sempre con vgual prestezza, mà
che sino à 12. di Decembre s’iuoltrò trè gradi per ciascun giorno,
& indi in poi n'andaua più lentamente circa due gradi, & io non
dubito, che se le pioggie che cominciarono circa 1. 16. non hauessero
ostinatamente perseuerato fino quasi à quest'hora per
far mentire per la gola i Peripatetici, i quali conforme al suo sentire
della sostanza delle comete, non finisconu di minacciare al
comparire di esse seccaggini, ed arsure maggiori di quelle de deserti della
Libia, benche in ciò Cardano ch’era medico s’era auisto, che tal
volta le Comete patiuano resolutioni d'humori come ha fatto questa
perche ha piouto tanto che Hippocrene non cape più nella
gran Niccia di smeraldo, non dubito dico ch'io non fossi per
vederla tosto Stationaria in detto circolo, e se durasse poscia anco
Retrograda. Hor posta questa verità historica dimmi Aristotele (se
pur non ti constringo a sapere, supra crepidam) qual è la cagione
di cotal moto non cerco della cagione del moto giornale
da leuante à ponente; peroche so bene ti sognasti vna volta, che per
inedia ti si raggiraua anco il ceruello, che la sfera del fuoco e
tutta quella parte dell’aria, la quale sormonta le montagne più
alte della terra vien rapita d’intorno alla terra dal rapidissimo
corso del cielo. Anzi non mancorno de tuoi seguaci, i quali
aggionsero, che questo ratto è tanto violento, che oue le montagne per
essere lontanissime non fanno schermo, & argine all'aria più bassa.
ed'essa tutta, & anco il mare vien tratto à dietro, è però constantemente
ridirai che la Cometa per esser essalatione accesa, la quale
per cagione della leggierezza sua galleggia nella più alta parte dell'aria,
và insieme con essa ballando alla Tedesca intorno alla terre,
è però se bene harei molto che opporti in questo fatto; massime
che stando, che la terta non hà alcuna ripugnanza al moto intorno
al suo centro ( si che il gran Siracusano si diè vanto
di girarla d'intorno tuttauolta che trouasse fuor di essa,
oue fermate va sol piede) fora più naturale il dire, che la terra,
afferrata per le montagne quasi che per tanti manichi, ò uetti dal
rapidissimo volo dell'aria sia rapita d'intorno, che restando essa
immobile arresti altre si il corso dell'aria entro a medesimi monti
racchiusa; non dimanco per non porti in tanti garbugli per cortesia
io non vò contenderti si fatta ragione del mouimente giornale
da leuante à ponente, e solo attendo da te la risposta del mouimento
proprio della Cometa, qual cagione l'incalza si che corra più
dello stesso Cielo principio di cotal moto, massime che il Cielo, il
quale immediatamente rapisce l’aria è quello della Luna, il quale è
cosa certa che assai più lentamente si muoue restando dietro al Sole
per ciascun giorno vndeci, ò dodeci gradi. Hor mi rispondi.
Si stringeua Aristotele nelle spalle, si che compariua assai più dell'
ordinario gobbo, quando Tolemeo saltando à capitomobali in vno
de suoi concentrici si sforzaua di far strauedere Ticone, con dire
che se bene la Luna dodeci, o quando più gradi per ciascun giorno
dietro al Sole si rimane, non di manco che questo si deue intendere
dell'eccentrico portatore del pianeta, non del concentrico
sottano immediato alla regione elementare , atteso che questo d'altre
tanti gradi più del Sole s'in oltra stando che la luna
in tredeci giorni in circa di perigea si fà apogea; e che però
era forza, che l'aria ancora più rapidamente del Sole si moccise,
& in consequenza la Cometa dall'aria portata. Ma Aristotele
non si risolueua d'attenersi à si fatta risposta come pregiudiciale
assai alla semplicità de suoi cieli, Et il Dano che non soffriua che
Tolomeo più osasse far mentione di que’ suoi giochi di cerchi degno
parto d'vn Cingaro Egitiano lo strinsè con due dimande che
gli furno due citationi perentorie; I'vna per qual cagione donque
la Cometa non s'affrettasse essa ancora di dieci, ò più gradi auanti
al Sole; e se pure l'aria in cui era portata non concepiua tanto empito,
per qual auuenimento per alquanti giorni si fosse auanzata
per trè gradi, e poi fosse ita sempre più lenta ; l'altra perche non si
fosse sempre auuantaggiata nel corso sotto al Zodiaco, come
s’auuantaggia il concentrico della Luna; má più tosto hauesse dirizzato
il corso verso settentrione. Aristotele in tanto pensato haueua
alla risposta. E già che Tholomeo ne’suo’ cerchi saltando faceua
il mattacino non è disse, ò Dano il moto della Cometa, quale tu
secondo l’vsanza de Matematici più fantastici, che ingegnosi, vai
fingendo : non è che la Cometa oltre il moto giornale n'habbia vn
altro, per cui da luogo à luogo si tramuti, ma ciò si fà solamente per
apparenza. Sotto al cerchio massimo per cui tu dì essersi cinquanta
gradi in circa in oltrata la Cometa, sotto a tal parte dico del
Cielo nell'aria soprema staua sparsa longa striscia d'essalatione
crassa è viscosa (che pure altretanto suole auuenire più visibilmente
ne vapori adensati in nuuola nella seconda regione) oue più, &
oue meno alle fiamme disposta; ma più che altroue nel capo con cui
giongeua alla libra, come più vicino al Sole, e però in quello primieramente
prese fuoco, il quale andando pian pano pascendo tutta
quella striscia voltata fra settentrione, e ponente cagionaua quell’
apparenza dissiaccola, la quale dalla libra all'Arturo si mouesse.
Hai tu che opporre ò vanno millantatore a questa risposta? Ben
cento cose, rispose il Dano; Largo, largo, o vè che sparata cento
cose ti posso dire delle quali altre che sono le fisiche riserbo à miglior
occasione poco doppo; altre hor hora tutte in vn fiato te le
gitto in faccia. La prima è che tu non puoi in tal guisa dar ragioni
dell'apparenze della coda, perche se poni gl'occhiali vedrai nella
figura qual già ti hò mostra, che la coda non è comparsa mai
longo del corso qual la Cometa è ita dissegnando, e se mi di che quella
striscia era larga tanto, che pascendo la fiamma tutta la larghezza
insieme, e la longhezza pian piano sempre dalla parte d'oriente,
oue la materia era soda compariua il sodo, & il tondo della
Cometa e verso ponente, oue era più rara la matteria biancheggiaua
la coda, ò barba, io ti riduco al verde con opporti la mera historia
cioè che la cometa ciascun giorno nel primo spontare sopra l'horizonte
porgeua la barba molto meno verso settentrione talmente,
che fra 8. giorni doppo la prima vista, spontando sopra l'orizonte
stese la barba ad angulos rectos, con esso horizonte, & indi à pochi
giorni anco piegata verso mezzo giorno come nel terzo argomento
ti narrerò fedelmente è te ne darò dimostratiuamente la cagione,
e pure secondo la tua risposta non poteua nel nascere fare magiore
differenza d'angolo con l'horizonte di quella che facino diuersi
circoli della sfera, come sà ogni nouitio in matematica.
Hor vedi che differenza è frà il filosofare con topiche conietture,
& il matematicamente dimostrare. Di più che cagione darai del
moto per alquanti giorni si regolato, è di poi si lento? da qual accidente
dirai procedere, che altri Cometi doppo esersi allontati
dal Sole, poco meno che per l'istesso sentiero si sono poi al medesimo
condotti? Perche niuna (ch'io sappia) mai si è allontanata da sole
per vna quarta di cielo ? perche si allontanano più di Mercurio,
è di Venere, la quale si di longa fino à 43. gradi, Perche alcuna
è parsa scendere di più alto, è tagliare il Cielo della Luna con tanta
prestezza, che in pochi giorni paresse scorrere due, è più segni.
Perche come auuerti il mio amico Keplero si generino nelle congiontioni
del Sole con altri pianeti ? perche quando seguono il
Sole tirino dietro à se la coda, e quando li vanno auanti, la mandano
auanti di se, si che si chiama con bel miracolo de Filologi non
più coda, mà barba ? S’io ti constringo à dare si fatte cagioni, ti
pongo in necessità di dire quattro spropositi ad ogni fiato. La
doue chi vna sola volta hà visto il mio Sistema de Cieli , & in qual
luogo pongo la generatione delle Comete, e qual moto gl'assegno
intorno al Sole come à Mercurio: & à Venere si recara à ventura
d'essere di si fatte cose interrogato, & io non sono qui hoggi per
fare di nuouo mostra di quello, è spacchiarlo per quanto vale.
Vallo tù à vedere nella libraria fabricato d’oro fino per mano di
Mirone d’ordine di sua Maestà , e non ti uergognare d'imparare
alcuna cosa da giouani in tua vecchiaia, già che essendo giouane
è potendo da te stesso studiare ti fidasti del detto altrui nelle Matematiche
discipline.
Hò finito il primo argomento, è ti scaglio contro il secondo, il
quale nella presente materia è vnico, e tanto più irrefragabile
quanto hà meno del filosofico, sendo che è mera dimostratione
astronomica, & in tuo, e non mio linguaggio si chiama delle Paralassi.
A questa sola parola s’impallidirono in faccia tutti i Peripatetici,
e Tolomeo che più dell’altri l’intendeua, essendo subito
saltato fuora dell’eccentrico, fù necessitato facendo certo strepito
à portare poco rispetto all’vdienza, è poi si mise col capo
frà le mani, ad astrologare per il rimedio di colpo si mortale .
Ma la turba peripatetica turandosi gl'orecchi, come aspidi per non
sentir l'incanto cominciò à bisbigliare, che già si veniua à sogni,
& imaginationi di matematici, è corse frà essi parola di negar tutto
à chiusi occhi, se bene hauesse Ticone detto che di mezzo giorno
à bel sereno è chiaro. Mà il Dano che alla generosità di Prencipe
haueua congionto l'orgoglio di mezzo barbaro stendendo la
mano alla spada giurò la serenitá d’Apollo, che se essi hauessero
menato il bastone, da ciechi, egli haurebbe brandita la spada da
Caualiero, e che la disputa cominciata honoratamente, non s’hauea
à se non con termini honorati di proposta, e risposta,
non con tumulto, e con negare ciò, che sciorre non si sapeva vitio
brutissimo in buona logica, e però chiese che sua Maestà vi s’interponesse.
Diedegli subito ragione il Sereniss. Apollo, e commandò
à Peripatetici che si queitassero, & apparecchiassero le risposte. Per
tanto il Dano seguiua à cosi dire.
Se questa Cometa stanzasse nell’aria suprema, come tu di, l’ascensione
di essa sopra dell'Horizonte verso l'altezza meridiana non
andrebbe del pari con l’ascensione delle stelle fisse, con le quali in
vn tempo smerge sopra de lo stesso horizonte, ma necessariamente
pian piano s’andarebbe da esse scostando, e parebbe che più s’affrettasse
nella falita. E pure in questa Cometà ciò non appare, anzi la
distanza, ò vicinanza, qual mostra ciascun giorno nel suo primo
spontare con qualunque stella fissa, quella medesima ritiene doppo due
ò trè hore di altezza senza mostrare differenza sensibile; donque
non è nell’aria ma assai più alta cioè nel Cielo. Di questo sillogismo,
accio alcuno non s’innnga non intendere la prima propostione,
io hor hora in questo paragone di verità col bianco della chiarezza
te la schizzo. Ciò detto accostatotsi alla tauola, di cui di
sopra dicemmo, che dalle zampe del leone celeste per ordine di S.
Maestà era sostenuta cosi disegnando disse.
Qui và la seconda Tauola.
Sia il centro della terra A. la circumferenza di essa B il giro della
soprana regione dell'aria G. H.I. & il giro delle stelle fisse C. D. E. il
ponco della terra onde si misura la salita della Cometa sia B: A. E.
sia l’horizonte vero & B.C. l'apparente (peroche essendo il semidiametro
della terra rispetto al Cielo delle stelle fisse di niuna quantità,
si dè far suppositione che l'vno, ò l’altro horizonte cada nel medesimo
ponto C. in oltre perche lo stesso semidiametro della terra
paragonato alla circonferenza dell'aria è di notabilissima grandezza,
come sà ogni huomo, è tu confessi, i duo horizonti non tagliaranno
il giro dell'aria nello stesso luogo ma molto lontano l’vno
in G. ò l'altro in H. è ponghiamo per cagion d'essempio che sien
lontani questi due ponti 30. gradi, e che dal centro A. per H.
scorra la linea A.D. la quale comprende nel cielo stellato pure 30.
gradi sopra dell'horizonte Qui Ticone presa in mano vna bachettina
d'argento cosi seguitò à dire. Quando la Cometa compare
nel ponto H horizonte apparente già si è alzata sopra G. horizonte
vero gradi 30. e pure dal luogo B. per il raggio B.H.C. si vedrà in
C. vicina la stella C. che si troua nel primo grado del Cielo. Muouinsi,
& la Cometa, & la stella in tre hore di tempo per lo spatio di
30. gradi, cioè la Cometa da H. in I & la stella da O. in D. poi dal
luogo B. si miri la Cometa, certa cosa è, che stando in I. si vedrà in
E. molto lontana dalla stella, la quale non hà passato D. Donque
comparendo insieme in C. è forza che in poche hore notabilmente si
scostino, tutta volta che l'vna sia tanto vicina alla terra, è l'altra
tanto lontana, e pure la distanza, che qui si prende è etiandio à proportione
infinitamente minore di quella che si ritroua trà l'altezza
della soprana regione dell’aria, & il ciel delle stelle. Ne stò io
à dimostrare più scientificamente ciò che apparisce in tauola, & à
mostrare, come la già detta diuersità d'aspetta possa apparire non
solo nel circolo verticale, ma in quelli che sono inchinati all'horizonte,
quali sono à noi che habitiamo in sfera obliqua tutti i paralelli,
perche sò che voi filosofi per liberarui da molti garbugli
solete dire, che, quod potest fieri per pautiora, non debet fieri per plura.
Qui fù da Aristotele interroto Ticone dicendo lo Stagirita che
la dimostratione calzaua bene, posto che la Cometa, & la stella in
tempo eguale, vgualmente si mouessino, ma che se si suppone che
la Cometa alquanto più lentamente si muoua, non deue comparire
paralasse, e mutatione d'aspetto, però che questa sarà dalla tardanza
della Cometa ricompensata. A queste parole sogionse Ticone
con tal risposta ti se adossato il mal’anno; peroche constando per
l’istoria, & osseruatione fatta anco da vignaioli, che la Cometa ogni
giorno più si è fatta occidentale, consta altresi, che questo all'apparenza
de gradi più delle stelle velocemente si muoue, adonque tanto
manca che con la tardanza ricompensi la paralasse, che più tosto
con la velocità deue farla maggiormente apparire. E perche tu non
ti ponga all'impresa di cog’iermi in verbo dimandandomi per qual
cagione donque la Cometa ancorche si stanzi nel cielo non mostra
nella sua ascesa qualche vestigio di paralasse per cagione della
maggiore sua velocità nel muouersi, ti rispondo anticipatamente che
stando che la velocità del moto della Cometa sopra il moto delle
stelle monta più di trè gradi ne lo spatio di 24 hore in due hore
di ascesa non può recare differenza maggiore d'vna quarta di
grado, la quale è quasi impercettibile, e di niun conto.
Voglio arrogare al detto, che vna volta m’argomentai di dare
ad intendere al mio carrozziere qual desideraua oltre modo di far
esso ancora dell'astrologo vna regola quasi mecanica, e popolare,
con la quale esso ancora potesse ageuolmente far diuaro trà le fiaccole
accese nell'aria (ancorche in sembiante simili alle Comete) è
le vere comete Celesti, e le dissi che tutta volta che ciò che appare
cometa si conduce da leuante à ponente in minor tempo di quello
che spende vna stella fissa, la quale nasca nel medesimo ponto dell'horizonte,
si tenesse pur per certo, che non era nel cielo: ma se all'incontro
spendeua tempo vguale non dubitasse ponto, che non fosse
nel Cielo ben alta, è gliele diedi à diuedere nella presente figura
(e questa pure legiadramente descrisse con mirabil velocità) nella
quale perche l'horizonte apparente G.H. non taglia la metà del
cerchio dell aria B. D F ma solamente la parte B.D C. assai minore
la impressione aerea, qual si muoue da B. in C. parte assai minore
à mezzo cerchio, si condurrà assai prima da leuante à ponente, di
quel si faccia vna stella fissa da G. in H. il quale per suppositione à
mezzo cerchio e questa dimostratione fù si bene capita da quella
mezza testa, è manco ceruello, che però ne fù da miei giouani chiamata
la dimostratione de carrozzieri. Partì hora à bastanza prouata
la prima propositione del mio sillogismo?
Qui và la Terza Tauola
Era Aristotele per dire che si ; quando certo Padouano
non sò con qual titolo se non forse di brano d'alcuno de Peripatetici,
entrato nella sala, si poneua all'impresa di negare le paralassi,
di che auistosi il Keplero, e fattosegli incontro ridicendogli due, ò
trè periodi, del suo libro de stella noua il ripigliò si agramente, che
ben tosto il fè cagliare, si che quella brauata, Tedesca sembrò vn
essorcismo con cui le hauesse cacciato di corpo vno spirito . Et il
Si d'Aristotele benche tartagliato fra denti fece venire palpitatione
di cuore à più d’vno de Peripatetici. Fè per tanto passaggio
il Dano alla seconda propositione, qual era, che niuno di quelli,
i quali haueuano osseruata l'ascendenza, & eleuatione della Cometa
sopra dell'horizonte non solo ad occhio, mà anco co’ stromenti
matematici haueua scorta alcuna sorte di paralasse , ò mutatione
d’apparenze, cioè di distanze; ò vicinanze con le stelle fisse è pure
questa, caso che la cometa fosse nell’aria, doueua essere tale, che
senza alcuna sorte di stromento ad occhio semplice non solo bono,
ma Strabone ancora si scorgesse. Et hò io qui (disse) meco ben cento
matematici pronti à giurare per la tua luce, ò splendissimo sire,
che nel moto di questa cometa pochissima; niuna paralassi si è potuta
auuertire per molto che fu li Pinnacidij, Allilade, linee di fiducia,
ò traguardi si siano tenuti gl'occhi.
Negauano ciò gli Peripatetici, e si voleuano, che si giurasse. Ne
lontani si mostrauano li Pianeti per noua gioia, in quel ponco scintillanti,
ed’Apollo v'inchinaua. Ma non vi fù bisogno. Perche ad
vn tratto si senti sonare più d'vna cornetta di varij corrieri, che in
quel punto gionsero in Parnaso portando lettere di varie Prouincie,
le qualii consegnate da corrieri al Tolomiei, mattro dello scrimio
d'Apolo furono da lui nella sala portate. Alcune erano à Ticone
indrizzate, altre ad Aristotele, le quale haueuano soprascritto
il subito. In mano propria. Commandò Apollo, che si leggessero
forte le lettere, essendone tutta l’audienza curiosa, e ne fù dato carico
al Croce eccelente musico di sua Maestà, Aperta la lettera
d’Aristotele lesse il Croce et era di questo tenore.
AD ARISTOTELE UNICO MAESTRO
della verità, Il diffensore della via lattea.
Animo senza paura.
Non ti turbi punto, ò nostro maestro, la noua Cometa, che da
molti viene stimata esser generata ne cieli. Queste sono
ciancie. Difendeteui voi in Parnaso, chè pel mondo io con la squadra
Peripatetica si Testuale, come Quistionale vi diffenderò. E rallegrateui
che la vostra doctrina hà spaccio, e si vende per le Città d'Italia
in certi fogli fra l'Almanacchi, Tacuini, e ricette de ciurmatori
a trè quattrini I'vno. Questo non hò voluto lasciare di scriuersi,
essendo tutti intenti à stampicciare discorsi lunghi de Cometis
in genere, & specie, già che de particolari non si da scienza, Ci da
però fastidio grande l'esser nata questa cometa nel concorso de
luminari cosa da te negata, è da noi poco intesa. Se di questo dubbio
ci caui, noi sacrificheremo alla tua statua cento demonstrationi
matematiche strangolate tutte con vn Nego, Sta sano. D'Antenoropoli,
alli 15. del secondo mese cometico 1618.
Letta questa con risa vniuersale di tutti, apri Ticone le sue, nelle
quali erano inclusi sistemi celesti. La prima si diceua.
A TICONE BRAHE PRENCIPE DELL'
Astrologia, Il Mathematico d’Hyopoli,
il Principato delle Scuole.
LA noua stella da che osseruata con ogni diligenza si ritrouaua il
di 30. di Nouembre nel posto che in questo foglio vedrete
descritto. Cosi credo sia altroue, poiche non mostra parallassi nel
moto. Qui li Peripatetici hanno chiamato colleggio d'Auicenna
Auerroe, Mesua, e Cardano, perche si tengono per spacciati. E perciò
hanno stampati certi impiastri che vanno vendendo. Ma non
sono punto confortatiui del cuore. A Dio li 19. Decembre.
L'altra era di queste tenore.
DI TICONE BRAHE FENICE DE GL’
Astrologi, Il Matematico d’Hycthiopoli.
QVi hanno tenuto assemblea li Peripatetici, e fattisi prestare
le scale di cerchi da Tolomeo sono saliti per vedere oue fosse
la cometa : Ma per il molt’ humido fatti rocchi, stampano cartesuccie
à furia per dissecare l'humidità. Ne in tanto ridicono ciò
che habbiamo visto, ma fanno discorsi, e passeggi hauendo; perche
la loro Stagira era destrutta fatto passaggio con tutte le bagaglie
in Aquino luogo di miglior aria per loro, & iui fanno consegli tutto
il di à cento à cento. Noi habbiamo osseruata la Cometa con
nostro particolare contento, parendoci che fosse lucente testimonio
delle vostre dimostrationi, vi mandiamo li sistemi notati del 30.
di Decembre, & altri giorni. Conseruateui. Da Hyopoli.
Si lessero poi anche altre lettere, e vi furono ben 10. sistemi, che per
ordine d'Apollo dalle carte reportati subito nella tauola di Paragone
comparuero tanto simili si à questo che dissegnato haueua
Ticone, come anche mà di loro, che Ticone soprapreso d'allegrezza
fatto vn salto gridò. Eccola vinta. Questi sistemi, e fenomeni
cosi diligentemente osseruati prouano, euidentemente la minore
del silogismo, che non faceua maggior paralassi della luna. Et egli
e in forma ch'importa più. A queste voci gridarono gli Ticonici
tutti ad vna voce. Io triumphe. E con cenni, e bottoni mottegiauano
li Peripatetici, che hora fra di loro guardandosi, hora li sistemi
rimirando, come homini sbasiti, ò sognanti voleuano rispondere,
& apprendo la bocca non sapeuano poi formare parola. La onde
accenando Apollo, che senz'aspettare altra risposta ad vn'astronomica
dimostratione si proseguisse la disputa, tutto allegro Ticone,
cosi ripigliò il suo dire.
S'io riguardassi alla semplice necessità, od’al bisogno della causa
farei gran torto alla professione mia s'e aggiongessi più parola al
già detto. Ma perche hò à fare con gente, la quale di leggieri non
cura, estima tutto ciò che non molto bene intende, e ruga il naso
sù tutto ciò, che non si confà col suo palato, come fanno i gatti.
Aggiongerò il terzo argomento tratto dalla piegatura della coda
della Cometa, come più facile, e popolare. E per farmi da capo:
Io dico che è semplicita puerile il pensare che la cometa à coda
di lei, ò barba sia accensione ò fiamma, quasi che il tondo della
cometa sia il mocolo, e la coda sia la fiamma della candela che
accrescesse la famiglia de mocoli incarnati, è lanternini valenti d'vn
valente poeta: Peroche (che che si sia del tondo) è cosa certa che
la coda non è altro che vnione de ragi di quel pianeta da cui fù generato,
& acceso, ò solamente illuminato il globo della cometa, i
quali ragi in contrandosi nel tondo della Cometa, ne lo potendo
drittamente penetrare, come che sia molto più denso del resto del
cielo, si spezzano si che piegandosi verso il perpendicolare conforme
alle dimostrationi de perspettici, dietro alla cometa dall'altra
parte si vniscono come pure auuiene quando si mostra al Sole vna
caraffa di vetro piena d’acqua, ouero vna palla di cristallo, od’altra
cosa si fatta; ben è vero che questa vnione, come che sia cagionata
dal sodo della cometa , il quale non è per l'ordinario perfettamente
tondo, ma pieno d'anguli, e piani come le cose mal tonde,
perche si genera da concorso di materia molte casuale, viene ad
essere molto imperfetta, & à non terminare in cono, ò piramide, ma
in coda alquanto sparsa, si che pare la cometa il capo d'vna donna
scapigliata più ò meno, secondo che il tondo più, ò meno è rozzo, è
disuguale. fù però acorto il mio Keplero io auuisarti, che vna tal
refrattione de raggi non potrebbe apparire tutta volta che d'intorno
al sodo della cometa non fosse adunata molta materia più
rara si del tondo d’essa cometa, ma più densa del rimanente del
cielo in maniera, che renda sensibile il lume. E gl’Astrologi, i quali
hanno queste cose diligentemente osseruate dicono, che questo tal
pianeta de i cui raggi refratti si forma la coda della cometa è il Sole,
cosi insegnorno questi che dietro à me veddi Gemma Frisio, Cornelio
Gemma; fecero Appiano, Fracastorio, Keplero; & Hipocrate,
Chio, & Eschilo suo vditore da te malamente, & à torto rifiutati.
E questi tutti parlando dell'ordinario sentirono bene; ma tutto
che io nel particolare di quella mia dell'anno 1577. nel secondo
libro de miei proginasini sentissi diuersamente , & agiongauisi
anco Gerolamo Cordano, lancia spezzata del Quadripartito di
Tolomeo, à cui fè più d'vna ricetta di liquidatione stando sempre
più duro che mai. Basta che quelli tuttı, i quali non in camera alla
grossa, mà à Ciel aperto hanno sottilmente essaminate, & osseruate
queste cose si accordano in questo, che la coda delle Comete è
serrattione de ragi del Sole, è di questo ti dò due inditij manifestissimi.
L'vno è che sempre si è osseruato, che le Comete lanciano
i crini dalla parte contraria direttamente al Sole, perilche le Comete, le
quali nascono la mattina auanti ad esso furon chiamato
barbate, perche mandano auanti à se in guisa di barba que capelli
di luce sparsa, la doue quelle della sera, le quali doppo dil Sole tramontano
perche dietro à se tirano quello strassico di luce in guisa
di coda, ò barba ne l’ascendere sopra l’horizonte, è nello scendere
sotto al medesimo vanno pian piano di maniera piegando
all'auuicinarsi del Sole verso il ponto in cui nasce, ouero al di longarsi
del medesimo Sole dal punto in cui tramonta, che è cieco
di trè occhi che non vede che la coda si piega à richiesta de ragi
dal Sole, cioè secondo il sito in cui di mano in mano; la rimira .
Certamente questa Cometa, quando si comincio ad osseruare
perche non era molto discosta dal Sole, nasceua con la coda
riuolta moderatamente verso settentrione in maniera che era
evidente che dal Sole il quale alquanto più basso ne segni australi
si ritrouaua era illuminata má perche non compariua più che per lo spatio
d'vn hora, à fatica in cosi poco spatio di tempo si poteua scorgere
lo storcimento non molto grande che faceua la coda , cagionato
da la non molta differenza frà la latitudine ortiua del
Cometa, è la latitudine ortiua del Sole, mà essendosi doppo 8
giorni allontanato dal Sole notabilmente, & acquistata latitudine
ortiua verso Tramontana ( perloche nascendo molto prima
del Sole daua commodità d'osseruar Io storcimento della coda
per molto tempo) nasceua con la coda quasi ad angoli retti
con l’Horizonte, & caminando il Sole verso il punto australe del
suo nascimento voltaua si la coda all’opposto verso settentrione.
Finalmente l'vltimo giorno, nel quale si puote osseruare
( è vedesi nel disegno ) essendosi molto piú allontanata dal Sole,
& acquistata latitudine ortiua oltre del tropico del grancio
nacque con la coda piegata al quanto verso mezzo giorno, è pian
piano la drizzò ad’angoli retti all'horizonte, è finalmente vicino
al leuar del Sole la riuolse di nouo à settentriono. Et io
non dubito che se trapassa il ponto à noi verticale in maniera
che tutta la notte non ci tramonti, non sia per darci gusto di
vederlo girare la coda tutto à torno à seconda del giro qual farà
il Sole à torno al polo. Dicami hora Aristotele, è la scola
Peripatetica se la coda dalla Cometa è accensione, è non più tosto
al modo ch’io dico refrattione de ragi del Sole , qual è la caggione
di si fatta piegatura è storcimento? Io vi dò tempo tutto
il grand’anno Platonico à dare vna risposta, che vaglia vn
mezzo pane, è che affetti anco alla grossa à queste già dette
osseruationi, non giá astruse, è da non potersi disserenere, se non
da dotti, ma tanto potenti, è scoperte, che il non hauerle uedute
sarebbe vn’ esser stato talpa , è l’hauere errato vedendole
sarebbe vn meritar catena . Hor posto questo fondamento
che la coda de Cometi non è fiamma ma luce refratta dal Sole,
cosi formo il terzo argomento in proua che questa Cometa non
è nell’aria mà nel cielo. Tutti i perspettiui vecchi, e nouamente
Pietro Nonio, Keplero, & il tuo Clauio oue insegnano la dottrina
de crepuscoli dimostrano che i vapori, i quali dalla terra
suaporando nell’aria più altamente ascendono: è sono la materia
ò caggione de primi albori crepuscolari non sono rimirati dal
Sole, & illustrati se non quando il Sole è più vicino all'horizonte
di 18. ò 20 gradi. Ma questa Cometa ne gli vltimi giorni massime
era illuminata dal Sole lontano dall horizonte 40. è piú gradi:
donque non è nell’aria. Sò ben io che vdij non hà cento anni
vn mezzo filosofo à suo credere il quale per diffendersi si da questo
argumento, come da quello delle paralassi, osò di dire che i
fumi, i quali da la terra suaporano ponno arriuare quasi fino al
concauo della Luna, ma questo oltre che è contro la filosofia
Peripatetica, la quale non mai consertirá, che si tolga alla sfera
del fuoco a presenza proportionata alla sottigliezza di quel elemento;
è altresi manifesto errore contro le già dette dimostrationi
de perspettiui, le quali tutte andarebbono per terra tutta
volta che gli oltraggi delta terra verso del cielo potessero
tanto oltre giongere. Oltre che come daranno poi la destintione
tripartita dell aria ? ne con tal risposta puó fugire le paralassi,
stando che queste anco nella Luna si scuopronò, mal grado
del moto opposto con cui le và nascondendo, mà io non me
la piglio con si fatti huomini . Taccio vn quarto argumento
cauato dal periodo del moto di questa Cometa, & è che stando
che il moto proprio di ciascun pianeta è piú veloce, quanto
detto pianeta è piú vicino alla terra, è secondo l’Hipotesi di Tolomeo
più lontano dal primo mobile, essendo il moto di questo
Cometa piu veloce di Mercurio, è Venere, mà piú lento di quello
della Luna, si dee conchiudere, che stanzi sopra della Luna più
basso di Venere è di Mercurio . Agiongo per vltimo ciò che
mi auisa da Anthiopoli lo scopritore de noui Pianeti, che questa
Cometa rimirata per l’occhiale longo compare più picciola.
La doue li corpi vicini, & anco la luna crescono di veduta. Ne vale,
che Venere cresca tal’hora, perche tenendo l'occhiale in bona
misura cresendo Venere per quello non seruirà poi à vedere cose
quà giù. Mà s'io non faccio pausa uel dire, e non attendo che tù
risponda non si potrà vedere, chi di noi habbia il meglio della disputa,
e chi la vinca. Io mi contento di perderla, se pure ad vno di
questi argomenti tu dai vna risposta da galant’ huomo, della quale
vn'intelletto ricercante si possa apagare, senza esser constretto à
fermarsi su'conietture non bene intese, è mal credute, voglio dire
con estrema paura dell'intelletto di pigliar lucciole per lanterne.
Ciò hauendo detto Ticone, e minacciando con fiero viso gl'auersarii
'n acque fra gli Tolamaici, e Peripatetici garbuglio per il seguente
accidente.
Vn certo Peripateticuzzo, che per paura dell'aria fredda era comparso
in publico con vn berettino rosso da galeotto fin su gl'occhi,
vedendo che Aristotele non rispondeua à questi argomenti fondati
su l'osseruationi, e dimostrationi, e che Tolomeo muginaua vn
non so che frà denti facendo dall'altro canto festa gli Ticonici,
hebbe ardire di rizzarsi in piè, e dire con vna voce
pauonazza, Che tanto rumore ? come che gli Matematici non
pigliassero de granci asciutti con quelli loro Astrolabij, che non seruono
se non à fare visacci torti . A costui costò caro l’ardimento;
Perche lo Stoflerino sentitosi toccare sul viuo del brutto viso, montato
in colera, gli diede, sedendogli à caso vicino, d’vn’Astrolabio,
che si ritrouò hauer sotto la cappa, si forte fù la bocca, che gli
ruppe il naso. Onde il Peripatetico cauatosi disacoccia vn fazzoletto
bianco di materia prima l’informaua di filosofico sangue, e voleua
anche mettere mano ad alquanti capi delle morali d'Aristotele
cauandoli dalla guaina dell'Acciaiolo per dare delle coltellate
à Stoflerino, se Apollo stendendo la mano non hauesse chetato
il romore. E se bene sua Maestà non poteua tenere le risa coprendosi
con vna leggiadra nuuoletta la faccia, con tutto ciò con voce
seuera commandò, ch’il Peripatetico al pari Audace, che Sciocco
stesse due notte intiere di 14 hore l’vna con tramontana fresca in
poppa in camiscia à misurare le stelle con l’Astrolabio di Stoflerino
su l’altissima torre di nouo fabricata da Ticone è detta Vranica.
E che lo Stoflerino, benche hauesse hauuto mille raggioni di fare
quel tiro, per non hauere però portato il debito rispetto à S.M. fosse
incarcerato nelle stinche Azimutali d'Albumazare, ordinando
à gl'Alcaidi che li menassero subito via: il che si fece con risa grandissime
di tutti.
Intanto Ticone non punto badando à ciò incalzaua gagliardamente
hora Aristotele, hora Tolomeo che la spedissero, e rispondessero
in forma, ò si dessero per vinti.
Aristotele dunque fattoli cenno da S. Maestà che rispondesse, non
hebbe difficoltà di confessare, che essendo egli auezzo à speculare
ad vn lucernone fisico oue nell'oglio della materia prima con
lo stupino dell'vnione splendeuano le forme vaporando d'intanto
intanto fumi di priuationi, di queste matematiche osseruazioni
punto non s’intendeua, le quali posto che fossero vere, lo metteuono
in euidente pericolo di perdere la riputazione, merce che essendosi
egli fidato d'alcuni Matematici, imparaua, hora che le case
fatte sopra fondamenti cattiui, vacillauano . Che però haria volontieri
negate queste osseruazioni, E quando pure questo à S. Maestà
non fosse stato in piacere, con argomenti fisici si malamente traualiato
Ticone, che forse gli saria stato meglio esserne poi digiuno.
Piacque la risposta ad Apollo ma del negare l'osseruazioni, non
volle che se ne facesse più motto da Filosofi, Poiche essendo stati
consecrati nella biblioteca di Parnaso gli stromenti di Ticono, e
doppo longhe proue marcati col segno dell’Astronomico collegio.
Nemine nemine nemine pœnitus pœnitus; atque pœnitus discrepante,
era vna mera ignoranza il negarle, massime da filosofi, che sono
auezzi soura gli detti de Matematici fare discorsi, e comenti.
Ma Tolomeo da S. Maestà fattoli cenno, che dicesse, fece vna
longa difesa de suoi stromenti prouando che non erano da disprezarsi,
ne da essere notati come fallaticci, E che se bene non v'haueua
speso quattrocento mila scudi, ne fabricati palaggi per essi
come Ticone, non era però stato cosi scioperato come alcuni mossi
dall’osseruazioni Ticonice spargeuano. Ne ciò gli fù negato da
S. Maestà pure che confessasse che molto meglio haueua osseruato
Ticone in 20 anni che vi spese aiutato anco da molti huomini di
valore. Tolomeo donque per non restare à fatto scornato fattosi
portare da Cardano vn gran fascio d Ecentrici , & Epicicli delicatamente
gettati di nouo di bronzo per mano di Gio. Bologni
cominciò à mettergli vno nell'altro, e corse ad aiutarlo vna squadra
di Peripatetici ingegniosi, e si diedero che fare vn pezzo per
acertare vna machina che potesse seruire alle noue apparenze.
Mà non gle ne riuscendo niuna, essendo Tolomeo da vn pezzo in quà
stropiato della man dritta per vn colpo di Marte attonito anco à
moti di questa Cometa, e dalla di lei coda come flagellato chiese
con bella maniera tempo di consigliarsi col Rè Alfonso suo stretto
amico, il quale doppo che Ticone ancor giouinetto nella correttione
delle tauole Alfonsine, lo sfregiò, non s'era mai più lasciato vedere
in publico.
Questa scusa di Tolemeo, fù presa per vna tacita confessione.
Anzi Auerroe ch’il gran commento feo, si protestò per parre de Peripatetici
antichi che essi haueuono sempre stimati quegl'Ecentrici,
& Epicicli meri sogni di Tolomeo, e ch’al loro maestro Aristotele
non mai era vscita dalla penna simil poltroneria. Alche aconsentendo
il Filosofo, con vna solenne fisciata di tutta la sala furono
gl'Epicicli condennati à perpetuo silentio, e carcere dentro del
malenconioso spedale di Saturno.
Hauuta questa vittoria Ticone seguito dicendo: Et acciò si
veda da tutti che anche in buona Fisica la vittoria è mia. Dimando
io ad Aristotele alcune cose.
Prima dimmi come saglie questa tua esalatione. O sagle tutta in
vn colpo, ò à spezzoni, ò successiuame. Che dici? Successiuamente
rispose Aristotele. E Ticone. Manco male, che se diceui tutta
in vn colpo, voleuo vn pò vedere donde fusse salita si vasta mole d'esalatione.
Poiche apparendo cosi alla grossa questa Cometa longha
30 gradi di uista sarà in terra di longhezza di miglia 1800.
poiche ad ogni grado corrispondono 60 miglia, i quali se si traportano
nella suprema regione dell'aria saranno numero molto
maggiore, e quasi incredibile ,al quale se si dà poi la largezza, e profondità
proportionata, vedasi che mloe in mensa d’esalazione bisogna
dire che sia salita in vn colpo. Che se anche diceui à pezzo
à pezzo era cosa degna di risa il credere che sempre salisse à quel
ponto per ritrauare la compagna, se pure non diceui che quei
pezzi d’esalatione si corrono à trouare in cielo come tal volta fà
l’argento viuo.
Mà via sú al successiuamente. In due maniere ciò si può intendere.
Prima che saglia sempre dallo stesso luogo. Secondo
che da diuersi. Se saglie sempre dallo stesso luogo come veggiamo
salire il fumo da camini, primati bisogna asegnare la causa
che la tira, ò caccia all in sù. Tirata dall istesso luogo da stella
alcuna non può essere; perche girando sempre tutte le stelle
come può alcuna di loro operare in vn sol luogo è non in tutto
il suo paralello ? Cacciata non può essere; perche di cıò essendo
la cagione il caldo, o simile se ne vedria qualche vestigio massime
essendo tanta mole. Má quello che merita le risate, si è, che,
questa esalatione posto che sa isse come fumo da va sol luogo
comparirebbe in vna, è più fascie accesa atorno al cielo, che
sempre secondo te tira seco l'aria ; e cosi auerebbe à questa
esalatione , come si vide occorrere al filo attacato all'arculaio
quando questo si volge, che se gli volta à torno in accia. O vè se
questa è bella. Ne ma dire che finche non si congionge col resto,
non si vede ; perche come farà l’esalatione che saglie di
mezzo di posto che la Cometa sia à gl’antipodi à congiongersi.
con essa lei, che li vá auanti di mezzo cielo, oltre il suo moto
proprio di trè gradi per giorno, che s’ananza verso il meridiano.
Dirai, e forse più sottilmente che la Cometa da tutto quel paralello
che corre caua con oculta sua virtù il suo pasto, e nodrimento. E
che se gli va continuamente agiongendo materia disposta, che
poi arde successiuamente . Se ciò dici, sia detto con tua buona
pace, dici vn gran sproposito. E te lo prono. Sia la Cometa à
noi verticale per cagion d’esempio con la coda volta verso Tramontana.
Dimando come tira ella questa esalatione ? Certo
che con la sua efficienza, la quale opera necessariamente come tutti
gl’agenti non impediti per linea retta . Dunque salendo anco
per linea retta l’esalatione, il fuoco della Cometa doueria scendere
in brugiare la materia quando gl'è sotto vicina, non andare
obliquamente. Má questo suppone che l’esalatione saglia in
vn attimo dalla terrà alla suprema regione dell'aria. Il che si
per la distanza del Semideametro dell'aria, si per gl'impedimenti
della seconda regione non si puó fare, se non in qualche tempо.
Et in questo tempo la Cometa harà caminato vna quarta,
ò vna sesta del cielo. E cosi torniamo nell'inconueniente di sopra
dell'accia su l'arculaio. E di qui segue di più che correndo la Cometa,
e restandogli dietro la materia disposta si vedrà ritornare il
fuoco à dietro, non caminare auanti. Ma sia come si vole, e saglia
tirata da chi tu voi, Come farai à saluare il moto obliquo. Qui non
occorre a ricorrere à paralelli, ne à primi moti del primo mobile .
Dirai che la materia gl'è auanti verso tramontana, e che successiuamente
s'infiamma . Et io dico. perche più auanti verso tramontana,
che à torno à torno? se tutta la cometa tira, perche non à tutta s'acosta
à torno, ma solo alla parte boreale ? Chi è il mastro di cirimonie
che la fà passar auanti si leggiadramente ? E poi come non si consoma
tutta quella materia in vn tratto ? La coda arde, arde la stella;
dunque tutta la materia è disposta per il fuoco. Chi dunque mise
il freno al diuoratore del tutto che con si giusta misura di trè gr-
d’esalatione al giorno si pasca come di trè misure d'orzo, e che poi
sfamato ne consumi due solo essendo stationario, e diuenuto diretto
si pasca del suo sugo come le gire, E chi adensa la materia della
coda più rara, si che successiuamente si vada condensando, e comparendo
in stella? Questa sì ch’è vn'altra virtù del fuoco non ancora
più vdita. Ma che dirai di questa materia quando si vedano le comete
ritornare adietro. Chi li muta il nodrimento da tramontana
à scirocco, da ponente à leuante ? E quando ascendendo pare
che stijno ferme, e pendono quasi sopra l'istessi paesi, onde prouederai
di nodrimento ? Non vedi che non gli basterieno le montagne
fatte in pasticci, ne i laghi cotti in ceruosa ? Ma pasciamo auanti
che à questo non si può rispondere.
Ti dimando dunque di più qual cagione assegnarai de moti delle
Comete quando sono stationarie, quando retrograde, quando oblique,
quando dirette ? Alla materia, già hò dimostro che non poi
riccorrere. Resta che vi ponga vna intelligenza che ti porti , fatta
quasi scudiera in man la face. Sò c'hanno preso che fare queste
tue intelligenze ?
Di più, come fà quell’esalatione si calda passando per la seconda
regione dell'aria fredissima à non spengersi , ò pure per antiparistesi
come non si condensa in fulmini, come non s'accende in folgori?
E possibile che vn pò d’esalatione, che sale con li vapori faccia
tanto chiasso la sù per trouarsi fra'l freddo, che pare tal volta che
sobissi il mondo, e quando hanno da nascere le Comete, se gli dia
per terra de nemici passaporto, e franchigia? Bisogna pure parlare
à proposito è dire ò tutt'in sù, o tutt'in giù.
Di più come s’accende ella ? Per il suo caldo innato ? E perche
non s’acende prima qua già ou’il caldo circondato da contrarij è
maggiore, come fanno quelle fiamme che si vedano di notte correre
per li cimiterij, e chiamansi fuochi stolti? Per la vicinanza
del fuoco ? Come dunque non s'acende tutta la regione suprema
dell’aria più rara dell'esalatione, e conseguentemente per essere in
estemo calda più atta al concepire il fuoco di quello si sia l'esalatione
densa, ed'vntuosa ? E poi corre l'argamento già fatto come non
la consumma tutta in vn tratto il fuoco, non essendo proportione
dall'attiuità, e mole di quella tua sfera di fuoco alla resistenza della
Cometa molto picciola à paragone del fuoco? Calano forse dalla
sfera del fuoco fiocchi è salde di quello? Quanto è detto d'vno
de tuoi Scolari, ma non ha fundamento.
Finalmente ti dimando onde cauaste tù quella tua Filosofia della
via lattea ? Ti ricordi che diceste essere esalatione accesa? Che
ti pare ? Non è gran fatto, che delle Comete quali di rado si vedano,
dica errori, chi nello stesso capo disse vna pecoragine, si goffa,
come che la via lattea sia impressione meteorologica.
Non puotè più stare alle mosse Aristotele, má rizzatosi in piedi
con faccia turbata è voce per la colera interrotta cominciò lungo
lamento contro Ticone, che superbo, a dismisura, barbaro senza termine
di creanza, o ciuiltà prorompesse in parole impertinenti, &
ingiuriose contro d'vn’huomo da tutta la posterità chiamaro maestro
de Sausj. E che hauesse hauuto ardire di chiamarlo ne suoi
libri Ateo, Sciocco, Ciurmatore, Sognatore, Menzognero, e peggio.
E che poi anche simili libri fossero nella libraria publica riposti
legati in velluto rosso, con le mappe d'ariento, entro le scanzie d’ebeno
intresciato d’auorio con le bandinelle d’ormisino trinato
d'oro honore che non si concedese non agl'inuentori, e fondatori
di noue sette, e col quale haueua stentato altre volte à tempi migliori,
potere autenticare la sua logica, pretendendo alcuni, che non
fosse sua inuentione à fatto. E che toccaua à Sua Maestà il prouederui,
perche altrimente se alcuni de Peripatetici più giouani, e non
ancora ben macerati nelle filosofice apatie hauessero fatto qualche
affronto al Bibliotecario di Parnaso non era in suo potere il trattenerli.
Dimandò Apollo mosso da questo dire d’Aristotele, à Ticone
se ciò fosse vero, e confessandolo il Dano con voce in vero troppo
alta, e baldanzosa mostrandosi anco pronto à dirne dell'altre, ne fu
agramente da S.M. rampognato, e fatto subito chiamare il Giusto.
Lipsio, e Monsignor della Casa fu dato ordine à quelli di ricognoscere
i luoghi nelle membrane originali scontrando con diligenza
i manuscritti più vecchi, & a questi, caso che trouate si fossero
quelle parole di ridurle à termine più ciuile, e di maggior creanza.
Di questo ordine consolato lo Stagirita cominciò ad argomentare
contro Ticone, già che non gli soccorrendo modo di sciore
gl’argomenti giudico tiro da maestro vecchio dell’arte il dissimalarli
per più fu a commodità. E si disse .
Hora farò io vedere in poche parole quanto vano sia senza fondamento
di buona Filosofia, per quattro osseruationi masse volere
far dell'huomo. Per tanto io ti dimando. Qual cagione assegni tu
de moti di questa tua Cometa? già che poco fa faceui sopra di quelli
tanto romore. Tu non metti primo mobile, come dunque camina
da oriente in occidente? Tu non voi intelligenze che mouino
le stelle: come dunque camina da mezzo dì a tramontana ?
Dirai si gira atorno il Sole: Come dunque non sta nello Zodiaco
come fanno i Pianeti ?
In oltre, Queste comete à suo sentire si generano d’aura, Eterea
donque in tua sentenza sono della stessa materia delle stelle : Perche
donque finiscono le Comete , e le stelle sempre durono ?
In oltre tu metti il Cielo fluido, e corrottibile. Questo è vno
sproposito grande. Te lo prouo.
Primo . Il Cielo non mai s’è visto corrompere, ò secondo il tutto,
ò secondo le parti. Dunque
Secondo la conueniente dispositione del mondo ricerca che sopra
le cose corrottibili sieno l’incorrottibili, sopra le fluide le sode .
Dunque.
Terzo. Il Cielo a sentire anco de barbari, e stanza de gl'Iddij, e d’telligenze.
A queste si deue il luogo più nobile. Dunque
Quarto. Non si può assegnarer l’agente di questa corrozione, Non
il Sole, ò gl'altri luminari; Perche sono della stessa natura, E simili
non agit in simile. Che se sono dissimili , il Sole perche non
ha consumato il tutto. Dunque quinto se la sù vi si condosano e
rarefanno i corpi, dunque v'è caldo, e freddo principij attiui del
raro, e del denso. Dunque vi sono gl'elementi . Dunque confuso
l’ordine del mondo da tutti fin’hora aprouato. Qui fini Aristotele
dicendo che non agiongeua altro come huomo che poco parlando
molto diceua. Era stata tutta l'Asemblea attentissima à
sentire il Filosofo, la onde sospesa per l’espettatiua, e della risposta
desiderosa voltò subito gl’occhi in Ticone, il quale confronte balda
come se nulla fosse cosi replicò.
Sire se volessi vsare di somma ragione, io non sono obligato à
rispondere à quello auersario, che quasi gladiatore vecchio nel
teatro, modica declinatione corporis ictum exuit, non hauendo risposto
à miei argomenti ne Fisici ne Matematici. E si doueua ricordare
Aristotele che afferre instantias non est soluere argumenta. Massime
che à lui tocca come à Filosofo delle cose da noi con certissime diligenze
osseruate trouare la ragione naturale, essendo di più cosa
sciocca lasciare il senso per la falsa apparenza di ragioni per lo
più friuole, e di peso niuno. E ben vedo che la vittoria è mia non
mi rispondendo gl'auersarij se non argomentando, modo che vsano
gl’huomini disperati della vita che vogliono pure se pure se ponno con
la rouina loro cogliere altrui. Con tutto ciò perche si veda quanta
defferenza sia non meno dalla verità da me difesa alla bugia
patroneggiata d'Aristotele, che dalla semplicità della mia patria
alla furberia greca cosi rispondo.
Al primo dico se questi moti delle stelle Comete dessero fastidio
à me solo, e non à te harebbono questi argomenti qualche forza.
Ma mettele ne cieli, metteli nell’aria saltiamo tutti nello stesso
cerchio. Ne tu darai ragione che vaglia vn fico secco, la doue io
dirò almeno à proposito, e credo che dirò il vero. Dico dunque che
quantunque io ametessi vna inteligenza deputata al moto d'alcuna
Cometa non direi cosa contraria à miei principij . Perche seruendosi
Idio di queste stelle taluolta à suoi particolari disegni: non è
gran fatto se particolare cagione di moto gl'asegua. E forse in
questa alcuno stimarà neccessario il confessarlo . Purè non dico
questo mà dico che girandosi le Comete à torno al Sole pigliano
poi quella via, si da leuante à ponente, come da scirocco à Tramontana,
o quale ella si sia, che dalla dispositione della materia celeste,
dalla positura de luminosi, o altra superiore cagione assegnata
gli viene. E questa è ragione sufficiente in cosa cosi lontana,
massime hauendo noi esempij nella calamita, che hora più, hora
meno declina dal polo, come sanno i Piloti. E s’io sapessi precisamente
l'hora della generazione della Cometa, forse che mostrerei
hauere hauuto questo moto da Mercurio che per quel verso la
guardaua.
Al secondo argomento rispondo dimandando. E perche frà
noi l’oro nel cruciolo è immortale, il piombo in poche volte si logora,
e consuma? Non sono forse ambi questi metalli di materia
sublunare? Le stelle dunque fatte per mano del Creatore, e perfette
nel loro essere non temano di rarefarsi, o corrompersi: Le Comete
adensate dall' accidentale concorso de luminosi maggiori,
mancando quello se non essendo perfette nell’essere loro non è marauiglia
che manchino, e si disfaccino. Oltre che non essendo elleno
ordinario ornamento del cielo, à ragione di natura mancheuole
le prouidde Iddio.
Al terzo rispondo per ordine. Io metto gli cieli fluidi : e corrottibili.
Lo concedo. Questo è sproposito. Bona verba. Lo nego.
Alla prima delle proue la nego. Auanti che tu nascesse s’erano
vedute delle Comete nel cielo soura la Luna. Leggasi ciò che
ne scrisse dottamente il mio grand’amico il Keppero, che per honore
io nomino essendo qui presente. Di più quel buco, che notai
nel luogo oue comparue l'anno 1672. nel segno di Casseopea la
noua stella proua egli nulla? E le macchie del Sole che fanno delle
quali è vn trastullo sentire le papolate che cantano ne loro squarciasolgi
i Periparetici: de quali altri dice, che sono vna quantità
d'epicicli messi in filza come collana à torno al Sole; mi venga il
cancharo se non gli metono vna volta anco i stiuali accio possa caminar
meglio: altri che sono nuuolacci che li snolazzano sotto, &
altri tali balordagini. Lascio che questa tua proua petit principium.
Io dico che hò veduti Comete generate nel cielo. Tu io
neghi, e ne dai la ragione perche il cielo è incorrottibile: E questo
poi proui; per che nel cielo non si vedono generazioni. Mò se
questo è quello che si disputa. La tua logica doue stà ? E non è
hora che fai questo errore; anco quando da prima scrivesti questo
tuo argomento erraste ; poiche gl'antichi Filosofi l’haueuano confessato
essere in cielo delle generazioni . E Platone, e gli caldei
tennero per questa cagione, i cieli corrottibili, e tu lo neghi senza
proua e poi ti serui d’vna negatiua vniuersale per confermazione
del principio contrario. Vedi s'hò ragione di dire poi qualche
paroletta. Mà te la perdano e solo ti riuolto contro il tuo argomento.
Quel corpo e corrottibile nel quale si sono vedute delle
mutazioni e generazioni. Nel cielo se me sono vedute. Dunque
è corrottibile. Eh missiere è egli in Darij ? che dici?
Alla seconda proua nego l'antecedente. E chi ti hà detto che vi
sieno cose corporee incorrottibili? E che queste cose fluide habbiano
bisogno del guascio acciò non si dissipino? Non diceste tù
che i corpi o calano al centro egualmente, o da quello egualmente
si discostano ? Doue dunque hai paura che fugga quell'aura eterea,
se si sta à torno al centro? Ne si può partire da questa nostra
per non si potere dare il vacuo .
Alla terza rispondo prima à te, poi anche à certi tuoi scolaruzzi
moderni. Dico dunque che la mia aura eterea è stanza più nobile
di questa qua giù per essere più sottile, per non essere in quella tante
mutazioni merce che sta più lontana da contrarij. E questo
basti per le tue intellgenze; che se temi non cadino giù à fiaccacollo
è vn'altra briga. A moderni dico che molto meglio è porre la
stanza de corpi Beati fluida acciò non s'habbi à dire che stanno in
quei corpi sodi come mosche chiuse nell'ambra, o herbe ne cristalli.
Perche se bene con la sottigliezza loro li potriano penetrare,
tutta volta è più con naturale quell'altro; Anzi soura l’istesso empireo
ho pur hieri veduto vn valent’huomo che in suo libro riposto
di nouo nella regia biblioteca, vole vi sia dell’aura; accio i Beati
possino spirare, e respirare si che questa corda per li tuoi Scolari
sono in falsetto.
Alla quarta dico che li luminosi sono frà loro dissimili benche
pochissimo, onde nasce essere frà loro l’attione più rimessa ne cosi
violenta come frà gl’elementi. E che sieno dissimili non è poco
argomento la diversità della luce che solo dalla maggiore ò minore
condensazione in colori si divetsi come di Saturno è Marte è
Venere cagionare non si ponno. E che il Sole caua col suo moto,
lume, e caldo de corpi da gl’altri luminosi, quali noi col l’aura eterea
quiui in maggior copia per oculta virtù adunata s’adensano,
e compaiono in Comete. Le quali si fanno nella via lattea, o come
piacque ad altri in tutto in cielo. Ne tu se per dirui contro
hauendo la medesima dottrina insegnata. E se le stelle patiscono
dall’azione del Sole, tosto si rinfrancono dell'aura etera in cui
hanno più azione di quello si patischino dal Sole. Che se ti
marauigli che non si vedino piu frequenti mutazioni ciò auiene per
la lontananza . Come chi stesse la sù non vederia qua giù nella terra
alcuna delle mutazioni partiali che si fanno, benche cadesse
vna montagna, come vltimamente per quanto riferiscono gl'auisi
della fama quella di Piur in Italia.
Alla quinta dico che in quella aura etera vi è caldo. E che non
si dando quel cerchio ò sfera di fuoco, che tu ti sognaste, auanti di te,
e doppo te da molti, e pur vltimamente da vn valent'huomo negata,
questo mostro aere si va pian piano perfezionando, e deferendo
finche sia stanza atta de luminosi iui dal creatore riposti. Questa
è la mia sentenza più antica della tua, e quel che più vale più vera.
Harei finito di rispondere, mà vedi se te la voglio far larga; Muoia
l'auaritia. Ti voglio concedere accio non ti venisse qualche
doglia di capo, che sono incorrottibili li cieli. Che dirai se con tutto
ciò dico che entro vi si generano le Comete . L'azione illuminatiua
non è secondo te principio di corrozione. Dunque essendo
le Comete come dimostrai al principio illuminazioni, dalla generazione
loro non bene s'argomenta alla corrottibilità. Resta che
dimostri che ne il raro, ne il denso arguiscono corrottibilità, il che
secondo te fanno perche sono cagionati dal caldo, o freddo. Ma
ne per questo ti difenderar. Nego che il caldo & il freddo sieno principi,
adeguati del denso, e del raro condensandosi le cose senza freddo,
e rarefacendosi senza caldo. Non perdiamo tempo. Ne palloni
s'adensa l'aria cacciandosenene molta per forza con lo schizetto.
E tanto vi si cacciaria se il pallone fosse di metallo. E dou’è
il freddo? E pure l'aria e condensata essendone più mello stesso luogo,
e sotto la stessa figarri. L'istesso prouano gli stromenti da fiato
da cauare aque, con li quali se caui l’aria da vna caraffa mezza
piena salirà l’aqua facendosi rara. Ne tu lo poi negare che diceste
che li corpi gettati si moueuono dall’aria condensata. Che se
voi ch’io assegni la cagione di quella condensazione, me se sbrigo
subito, dicendo che la cagionano occulte influenze e virtù di quei
luminosi congionti. Ne questa è risposta leggiera vedendo noi
qua giù cose più merauigliose come della calamita, ambra, accio
verso il ferro, paglia, pietra stellare .
Mi resta all’ultimo luogo il più bello de gl'argomenti, col quale
vò prouare che tutti voi Peripatetici moderni, che amerete gl'ecentrici,
& epicicli, benche sputiate tondo, e passegiate largo preuaricate
bruttamente contro la dottrina del vostro maestro .
Hor vdite.
Aristotele vostro Idolo, non che maestro dalla semplicità de mouimenti
locali racolse la semplicità de corpi mossi. Onde non essendo
gli moti semplici più che trè dal centro alla circonferenza,
da questa á quello, è della circonfereza atorno il centro, credendo
egli che gl'elementi, & i cieli co’questi moti si mouessero; disse eccellentemente
secondo i principij che il cielo era corpo semplice,
perche si moueua, aequaliter circa centrum. Hora io vi dimando,
Gli moti de gl’Ecentrici, & Epicicli che moti sono eglino? Che dite ?
A quale de trè Aristotelici semplici gli ridurrete? E se à niuno
ridurre si ponno, come direte che sieno semplici ? E se non sono
semplici come direte che gli corpi da quelli mossi sieno semplici.
E se non sono corpi semplici come non composti di contrarij? E
se composti di contrarij come non corrotibili ? Ne si dica che si
mouano atorno i loro centrici particolari. Prima, gl'autori del
mote della trepidatione che diranno? Poi la vertigine della luna
ha centro, ò pure Asse atorno, il quale ti moue ? Dipoi le linee spirali
regole d’altri moti celesti come si saluono ? Ma quella risposta,
e sciocca, e però di pochi. Vedano mò tutti come si possino accordare
gli Tolomaici Epicicliaci, Eccentriaclinici, con gli Peripatetici
suoi, e semplici . Ho detto assai . E già vedo la vittoria
mia scritta si in quella begnina occhiata di S. Maestà, come anco
nella fronte di tutti voi dottissimi heroi, al sentire de quali mi
rimetto .
Restarono si agl'altri, come in particolare à quest'vltimo argomento
attoniti, e mutoli gli Peripatetici, e Tolomaici, & il basso mormorio
di tutta l'Asemblea, era per finire in vn chiaro, e festoso applauso
à Ticone quando vn certo Peripatetico Portoghese autore
del corso conimbricense huomo autoreuole in sembeante consegliatosi
prima con alcuni vicini, e spurgatosi alquanto leuossi in
piedi, e chiesta attenzione disse. Che Ticone spreggiaua gl'oracoli
diuini , e che però guardasse bene come parlaua ; Poiche in
Giobbe si legge che i cieli sono sodi come di bronzo. E fattosi
recare il testo lesse à capit. 37. queste parole. Tu forsitam cum eo fabricatus
es cælos, qui solidissimi quasi aere fusi sunt ? A queste parole ritornò
l'anima in corpo à moderni Peripatetici, onde subito esclamarono
à gran voci Bene, Bene; Habbiam vinto.
Già s'apparecchiaua Ticone à rispondere, ne tardo si dimostraua
il Keplero, ma gli fù eccettuato contro per certa cagione. Laonde
Apollo fece subito chiamare Gio. Pineda nobile spositore di Giobbe
acciò spiegasse quel testo conforme al sento della lettera. Venuto
il Pineda fù da tutti gl'ordini dell'Assemblea salutato per la
sua molta erudizione. Dipoi sedutosi, in vna sedia portatagli à
posta, & interrogato del sentimento del testo cosi rispose.
Io benche mi professi Peripatetico scorporato à cui dispiace sin
al core la ruina di Stagira, che harà bisogno d'vn'altro Alessandro
Magno, che la riedifichi , ne mi piacino punto le nouita di, con tutto
ciò dico chiaramente che questo testo non proua nulla. Poscia
che io imparai da Plinio, che la parola Coelum, à pò i latini significa
anco l'aria. Coelum apellauere maiores, quod alio nomine aera omne
quod inani simile. E quel modo si famigliare à gl'antichi, seruare
de Coelo, mentre parlauano de folgori chiaramente dimostra ciò che
diceuo. Per lasciare hora che l’interprete dica spesso volucres caeli,
E pure gl’vcelli stanzono nell'aria. Anzi la parola originale hebrea
significa le nuole, & acciò non paia che ciò dica di mio capo
veggasi la Regia, la Tigurina, e ciò che ne sente il Gaetano, & il Pagnino
che volta : Ex pandens cum eo æthera fortia sicut speculum fusum
nella quale spositione notisi quella parola fortia in vece di solidiss.
Dico dunque che quel solidissimi nel quale alcuni fanno alto, non
proua ne altro vuol dire se non che l'aria è gagliarda, e forte, ò questo
s'intenda negl’empiti de venti, & altri, ò nella constanza che
tiene quanto al tutto nel suo sito, cioche leggiadramente spiego il
Filosofo Seneca, quale io nomino à cagione d'honore, con queste
parole. Coelum ac terram conectit, qui ima, ac summa sie separat, ut
tamen iungat. E questo è quello che chiamò forte il Pagnino, ne altro
significa la radice hebrea, rimettendomene sino à Rabbi Kimkhi .
Siche per questo si può chiamare l'aria soda.
A queste parole ripigliò il Peripatetico Portoghese agremente
dicendo essere cosa intolerabile, che l’aria s'adimandasse soda. Et
Aristotele che nulla di queste facende s'intendeua, vdito che l'aria
era soda: come disse, Dunque l’aria, che terminatur termino
continentis, riceuendo da quello la figura si chiamerà soda? O questè
l'altra ?
Ma il Pineda seguiua dicendo, Significando la parola hebrea
fortezza, l'aria si mostraua fortissima in tenere il suo posto fra l'acque
di quà giù, e le nuuole che pure sono acqua sostantialmente.
Del resto non è egli vero che per cagione della constanza nel suo
posto chi amasi l'aria firmamentum, ouero anche solidamentum ? E
notisi bene questo saludamentum. Dunque se si chiama solidamentum,
perche non si potrà chiamare soda. Ne mi si dica che dice il testo
che l'aria è soda come il bronzo. Perche quel come di bronzo si
riferisce al fusi. Quasi aere fisi sunt, si deue leggere, e non solidissimi quasi
ære, fusi sunt. E della parolla fusi non si caua argomento che vaglia;
perche uol significare, che splende come specchio, al quale allude
la parola hebrea, e de specchi se ne fanno anche di bronzo. In oltre
essendosi per tutto quel capo parlato delle pioggie, & altre
mutazioni dell'aria più conueniente è fare che seguiti nella stessa
materia, che subito volere saltare al cielo. Questo fù il parere e del
Pineda, e lo confermò con l’autorità dell'Eugubino si dotto della
lingua hebrea, e dello Stunica soura l'istesso passo à quali più
credere si deue, che à certi spositori delle lingue forastiere à fatto
digiuni, ò per l'amore delle loro sette sospetti: Et à questo tutti s'acquietarono.
Vi fù però vn Ticonico che chiesta , & impetrata licenza
da Apollo cominciò à dire che gli diuini oracoli al suo Maestro in
più d'vn luogo apertamente fauoreggiauono. E cauatosi di seno
al testo lesse frà gl'altri luoghi gli seguenti. In Giobbe à capi 14. v.10.
sic homo cum dormierit non resurget, donec aetteratur coelum. In
Isaia à c. 51: v.6 Quia coeli tanquam fumus liquescent. & à capi 65.v. 17.
Ecce. n. ego creo cœlos nouos. NеI salmo 101. v. 28. Ipsi peribunt, tu antem
permanes, & omnes sicut vestimentum veterascent, & sicut opertorium
mutabis eos, & mutabuntur è nell'Euangelio, stella cadent de caelo sopra
il qual luogo fù citato vn dottissimo spositore, che dice volere più
tosto credere à gl’oracoli diuini che a dogmi Aristotelici. Citò anche
de luoghi dell'apocalissi. Ma sopra tutti faceua gran caso del
terzo capo della seconda Pistola di S. Pietro, nel quale si dice, che
coeli magno impetu transient. e che coeli ardentes soluentur. Ma la sposizione
del Pineda della parola coeli parea che difendesse gl'auersarij,
se bene non poteua quadrare à tutti si citati luoghi, massime
che in S. Pietro si distingue chiaramente il cielo da gl’elementi, de
quali si fà particolare menzione. Si concluse però, che dalli sacri
libri, ò nulla cauare si poteua, ò si de duceua apertamente la sentenza
di Ticone, che che sponessero gl’interpreti moderni Peripatetici,
perche per Ticone stauano l'espositioni antiche. E che nello sporre
de testi, si deue essere spassionato, e non maritarsi con vna opinione,
e poi volergli fare la dote, e l’arredo con testi della Bibbia.
Citò poi anche il Ticonico à suo fauore gli SS. Basilio Nazianzeno,
Grisostomo, Damasceno, Theodoreto, Giustino, Anastagi
Sinaita, Ambrogio, Girolamo, Gennadio, & altri. Agionse ancora
Sibilla lib 2. oraculorum, Lucano poeta, Filone l'hebreo con tutta
la squadra de Platonici antichi, e de Caldei. Seruirono queste autorita
di per ottenere compiuta vittoria, e per chiudere la bocca à
certi Peripateticuzzi stiticuzzi cacatermimi, che mottegiauano di
volere accusare Ticone à SS. Reformatori della Biblioteca di Parnaso
per nouitiero, e nemico del nome dello Stagirita, bastando ancho
à vn non so chi l'animo di fare vn fascio della dannata opinione
di Copernico (che falsa, benche ingegniosamente senza appoggio
d'alcuna o sagra, ò profana antichità, constituì il Sole contro
dell’vniuerso) e di questa sentenza tenuta da tanti tanti Padri come
che essi anco meritassero la virgula censoria. Et fù esplosa con risate
la risposta d'vn certo, che disse che i Padri SS. antichi furono
Platonici, quasi che ciò fosse vn condannarli, e non più tosto con la
loro autorità si di Santità come d'ingegno la scuola di Platone altamente
lodare .
Finita in tal modo la disputa, & attendendo tutti la sentenza di
Sua M. e de suoi splendentissimi assessori , fù veduta la faccia d’Apollo
e de gl'altri volta verso Ticone lampegiarli in fronte luce
viua, e giuliua, la doue la banda d'Aristotele rimaneua oscurata da
certe nebbie che dietro le spalle d'Apollo si vedeuano. Stile vsato
da Sua M. nel dare le sentenze di cose celesti. Per lo che molti Periparetici,
e de buoni facendoli quella nebbia male al capo girando
pian pianino l'audienza se ne passarono alla parte di Ticone, cacciandosi
per non parere poi d'essi, fra le prime fila de Ticonici .
Sino quel buon vecchio del Clauio se bene da vn canto gli sapeua
male abandonare il suo Tolomeo à senno del quale hauena scritti
tanti libri, & Aristotele nel cui grembo s'era alleuato, e se bene
vna buona squadra de suoi compagni Peripatetici scorporati tirandogli
la manica gli diceuono che dicesse almen piano, non punto
scordato della schiettezza Tedesca per molto che si fosse stato in
Roma, e conuinto dalla verita Esclamò forte. Pò far il mondo se
il negotio passa cosi, farà bene Aristotele à prouedersi d'altra materia
del Cielo, e Tolomeo d'altro sistema. Ma Apollo volendo licenziare
l’Assemblea commandò al Sign. Conte Guido Vbaldo Bonarilli,
pur’all'hora entrato in sala, che cantasse alcuna cosa in lode di
Ticone. E quelli presa la cetra d'oro che in bacino fregiato di gemme
sopra vn tauolino d'auorio auanti à S.M. sempre stassi, salutata
l’vdienza con stilo à se nouo cosi improuisando cantò.
D’oro di gemme, e di Topazzi fini, |
Bel colosso drizzi al gran Danese, |
C'alle stelle cauate da confini . |
De gl'Epicicli libertà difese,
Disegno di virtù scolpa la fama ,
Che del tempo frenar poss’ ogni brama.
Deccreti sopra gli Prognestici.
A DI 21 dello stesso essendo stati portati in Parnasso alcuni
fogli come Tacuini, Et altri discorsi in genere, & specie
delle Comete piene di minaccie, di prognostici, di cancheri,
e di malanni, & essendo sopra questa Cometa, sparsi con gran paura
del popolaccio, datone auiso a S M. chiamò conseglio priuato. E
perche gl'autori si spacciauano per Peripatetici fù chiamato Aristotele
acciò li ricognoscese : Ma lo Stagirita letti quei foglij con vn
ghigno sdegnoso d’vno disse, Io non sò chi costui sia, e dice de gl’errori:
gl'altri ne anco gran fatto riconobbe; Lamentandosi d’vno
in particolare (il quale però è più sincero di tutti, e credo anche sij
il più dotto) perche à Ticone l’hauesse data vinta E d’vn'altro che
volendo trattare de Cometa hauea scicherato vn fogliaccio con
vn discorso de aere. Ma soura tutti abominò vno (quale però con
più ingegno, e valore ha difesa la verità) perche con coccare le paralassi
pareua gli desse delle stoccate al cuore. L’istesso fù il parere
de gl'altri, E furono notati questi fra molti errori in quei foglia
ci mal composti, e peggio stampati. Che la cometa debba finire in
libra ; il che non è vero essendo ella nata in essa, è più oltre, e non
finendo mai le comete il loro giro. Che dalli pori (con vn R. di più
era miglior minestra ) della terra fumi fuori questa cometa in esalazione;
perche se fosse esalazione tanto salira dal mare. Che
minaccia paesi, e prouincie à sproposito imperoche per qual cagione
minaccia più la Mesopotamia che l'Arabia, ò la Persia? Perche più
la Nitolia, che Negropente, ò la Morea? Poi perche nominando
Nouara , Pauia, Piacenza, Piemonte, lascia Milano, che giace
in mezzo ? Et vn'altre dice che minaccia l'Italia la quale se non più
temesse delle comete terrene sarebbe felice, e beata. Ma che ? chi
hebbe freddo in osseruare, che merauiglia che tremi in iscriuere?
Et il bello è che prescriue termine di 14. mesi. Come che fosse difficile,
che alla primauera, essendo ogni cosa piena di sospetti nati di
longamano auanti la cometa, scoppi qualche apostema senza che
la cometa com’empiastro astrologico lo maturi. Di poi che intende
egli per l'Africa? Se l’intende tutta; buona parte si stà di là dall’
equatore fuori di pericolo. Se intende le prouincie perche non le
nomina? E che hà da fare l'Africa con l’Austria? forse; perche cominciano
tutte due per A E doue ha egli tessuto quel catalogo di
nomi di Cittadi? che latitudine, ò paraleli hà osseruati? Di più ò
minaccia la cometa di popoli soura de quali è nata, ò soura de quali
è passata, ò soura de quali finità . Se tutti, questi sono la maggior
parte del mondo vecchio habitato, si che bisognerà andarsene alla
terra del fuego Se gl’vni, e non gl’altri, bisogna darne la cagione,
altrimenti questa è vn vender ballotte. Il male è che, neque
Per nostra patimur scelera,
Iracunda louem ponere fulmina.
In somma fù decretato per conseglio di Traiano Boccalini gran Siniscalco,
e primo segretario di S.M. che simili carte di spauracchi fossero
publicamente per mano di Menippo cinico sburlatore del mondo,
conficate su la porta del popolo, dalla quale pendono certe alaccie,
e capi d'vcellacci per spauraglio de passerotti , e che il Berna à
suo piacere vi facesse sopra de capitoli, ò pure i Caro de Mattacini.
E che in Parnaso chi hauesse più parlato di prognostici fosse cacciato
dal confesso de sauij fra la plebe de calzolai, e ciabbatini, ouero
nella mala stella delle ciancie, oue elle stanno per debiti di
paure non pagate.
Scriueno anco che si tenne il 22. vna Assemblea generalissima de
Poeti, Istorici, Oratori, Filosofi, Matematici, e Teologi soura la materia
de prognostici delle comete, e che doppo longhe dispute furono
fatti due Senatusconsulti.
Il primo che gl'Aristotelici sotto pena di quattr’anni di carcere
nella topica Aristotelica, con ampliazione di due mesi di secreta
nelli Elenchi, non ardissero di parlare di prognostici. Perche volendo
essi che le comete sieno esalazioni nella suprema regione dell'
aria, non si vede come possono far danno qua giù. Massime essendo
l'influenze in sentenza d'Aristotele dubbie anco nelle stelle Dire
poiche operi col caldo, non si confà con la vicinanza del fuoco che gli
danno il quale non opera, ne con l'interposizione della seconda regione
dell’aria fredissima. Si concesse però à SS. Medici, che spedissero
per staffette volanti lanternini animati á quei paesi da quali
era salita l’esalazione ; acciò gli conseruatori della Sanità potessero
prouedere de rimedij contro l’e salazioni restate per l'aria. E che
ottimo rimedio sariano alcune naui di pelarelle di leuante sbarcate
in Vinegia .
Il secondo fù che quantunque gl’Astrologi voglino fare certe loro
congetture (perche pensare che sieno argomenti, ne pure probabili ,
è non meno falso in buona filosofia, che empio in bona fede) certe
congetture dicc con l'occasione di questa cometa gli Ticonici,
però come huomini più saggi non se ne curino, sotto pena di non
toccare lo Sestante murale di Ticone (al quale ogni di brugiono alquante
figure d'eccentrici, baciandolo con tanto gusto come se fosse
fatto di zucchero) per 3. anni. Perche non si sà precisamente il luogo
oue sia nata, ne la casa del Pianeta predominante, ne lg'aspetti
precisi de gl'altri. La onde fondandosi le congetture migliori soura
l'osseruazioni, non vi essendo queste il parlare di Prognostici, e
vn farsi vna cornaccia ridicola della quale si dica quel Virgisiano,
Sæpe sinistra caua praedixit ab luce corniae. E che però un Parnaso si faceua
pena vna solenne fisciata; à chi ne parlaua, e d’essere bersaglio
di cento mesangolate satiriche per volta. Dandone la cura al Diporale,
e M. Bino.
S'oposero à questo Senatusconsulto alcuni Istorici ; e frà gl'altri il
Compendiatore di Baronio lo Spondano allogando, che il suo Illustriss
in molte comete delle quali faceua menizione ricognosceva
minaccie di auenimenti infausti. E furono aportati de gl’altri
esempli come di quella che si vede nella morte del Dottore
Angelico, e di quella à memoria de mostri padri auanti la rotta
de Portoghesi in Africa; e morte di Don Sebastiano loro
Rè. Ne manco s'aiutarono gli Filologi citando Poeti & oratori
è si sentiua per tutto ridere. Nec diri toties arsere Cometa.
Con tutto ciò questa intercessione non mutò punto in Senatusconsulto.
Perche d'alcune concessero gli votanti, che erano miracolose come
quella nella morte del grand’Aquinate, che fù notata solo soura la
Camera del moribondo. D'altre che ordinate particolarmente
da Dio, come per cagion d’esempio quella che si vidde circa il 600.
in forma di spada quando naque l'esecrubale saetta di Maometto
face, e spada funestissima dell’oriente. Del resto poi essere nata à
ciascheduno che gl’Istorici si seruono de cosi fortuiti alle loro bisogne
e gl'huomini auezzi à celesti terrori, volontieri riferiscono à
cause superiori gl’effetti naturali come fanno alcuni che pensano che
non mai grandini, se le streghe non vi fanno la danza. Muoiano spesso
de Prencipi, si fanno pur troppo spesso delle guerre, e pure non sempre
si veggiono Comete. Ma quando compaiono ogn’vno le maledice
non per altro, se non perche hanno la coda. Et à questo proposito
fù lodata l'osseruazione di Giulio Cesare Scaligro cioè che
non sono gli zoppi, e guerci piggiori de gl'altr'huomini, mà che per
essere à quel mò segnati, sono facilmente osseruati , cadendo g'altri
senza niuna nota ne medesimi eccessi.
S'ordino di più à requisizione del Sacro Collegio de Teologi
che si legesse in Assemblea generalissima il Sagro diuicto del Pontefice
Sisto. Contro al quale perche fanno quelli , che predicono
guerre risse od’altri accidenti che pendono dalla libertà humana,
(se però non vogliono passare con gli Tacuini del Frà Genouese,
o Almanachi, à quali non s'hà credico se non per ridere) si diede al
Gaetano, & à Durando amplissima facoltà di farlo osseruare con
pene de presenti di trè tratti dicorda di poco credito alla girella
delle scioccherie per mano dell’infamia carnefice di Parnaso.
Li Ticonici però andauano arditamente bottonegiando, che la
Cometa haueua predetto la ruina dell'opinione Tolemaica, e Peripatetica,
che quale grand'albero, come già disse lo Scita al gran
Macedone, in molti e molt'anni cresciuta, in vn’hora poi era stata
suelta; e sbarbata. E si ne fecero vn'Impresa facendo dipingere dal
Carauaggio vn albero cadente con il motto VNA HORA . E
l’attacarono di notte com’vn armone sù la porta d’Aristotele. E fù
stimata vna brutta pasquinata per lui. Mà perche fù attacata di
notte, i Peripatetici se l'hanno beuuta di giorno.
Questo è quanto m’occorre in risposta della vostra. Voi conseruateui,
e vogliatemi bene, ch'io lo voglio à voi . D'Vraniburgo
li 24. del 2. mese Cometico l’anno 1618.